11 giu 2009

H.264 - parte seconda

Il processo di digitalizzazione nella distribuzione dei contenuti video in contesti domestici, imponeva la necessità di dotarsi di un decoder, una apparecchiatura che rigenerasse il segnale analogico (in Europa connessione avveniva con la presa Scart), a partire dalle informazioni digitali ricevute via satellite (o via cavo). La nota positiva era che l’algoritmo era asimmetrico: la compressione MPEG (che si fa in fase di trasmissione) era molto più complessa della decodifica domestica, e questo permetteva di pensare di inserire quanto necessario per effettuare la decompressione su pochi circuiti integrati (l’industria dei semiconduttori permetteva già allora di inserire quasi tutto su un unico chip: il system-on-chip).

Quel decoder, per quanto centinaia di volte piu’ complesso di un televisore, sarebbe costato veramente poco, assicurando un business veramente grande. Per rendere l’idea fattibile era necessario porre delle limitazioni al formato, cosa che l’MPEG – in quanto standard – non aveva posto. Infatti l’MPEG e’ una collezione di algoritmi, divisi in profili, anche mutuamente incompatibili, a loro volta specializzati in livelli. Se la scelta fosse stata lasciata al mercato, si sarebbe rischiato di riprodurre la guerra commerciale di dieci anni prima, quando il non esaltante VHS ebbe la meglio su altri formati ben più validi (Betamax, V2000).

Fortunatamente,nel 1993, prese il via l’iniziativa Europea del Digital Video Broadcast (DVB), che con il DVB-S ed il DVB-C pose le suddette limitazioni e spianò la strada alle prime trasmissioni digitali domestiche, utilizzando il Main Profile Main Level (in sigla MP@ML, che si legge main profile at main level). Il DVB quindi, rappresentò quell’insieme di paletti che ha permise all’industria dell’elettronica di consumo di produrre a costi molto bassi il decoder, un apparecchio molto complesso che, una volta inserito nel contesto domestico e collegato all’antenna e al televisore, avrebbe consentito un nuovo tipo di trasmissioni. Erano i tempi della televisione 2Digitale diretta da satellite a Casa" (DTH).

Quando nel 1994 nacque DirectTV, la prima televisione satellitare statunitense, il presidente della Comcast – uno dei principali cable operator statunitensi – affermò che la compagnia non si sarebbe preoccupata di questi eventi temporanei, ma la sua scle ta fu poco lungimirante perché l’evento fu tutt’altro che temporaneo.
Oltre al Transport Stream, il comitato MPEG2 produsse anche il Program Stream, contenitore per canali meno disturbati, da cui e’ derivato il formato utilizzato nei DVD. Aumentando infatti la densità della informazione memorizzabile sullo stesso dischetto di policarbonato usato per il CD audio (tracce più fitte, meno ridondanza), fu creato il Digital Versatile Disc (DVD). Il segnale qui memorizzato non era soggetto agli stessi disturbi delle trasmissioni radio satellitari e permetteva di ridurre considerevolmente gran parte dei codici di correzione d’errore.

Potenza della convergenza: i DVD avrebbero usato gli stessi chip dei SetTopBox
I sondaggi condotti avevano mostrato agli esperti di marketing la disponibilità degli spettatori a pagare pur di poter accedere a cataloghi di contenuti interessanti on demand. Tutto ciò avrebbe comportato la morte del palinsesto, una autentica rivoluzione per la televisione commerciale. In quel periodo scoppiò la disputa sulla predominanza del contenuto o della rete. Il presidente della Time Warner (CNN, per intenderci) mentre la compagnia stava per essere comprata da America On Line (Network Operator), usò un'espressione divenuta storica: Content is the king!!. Effettivamente, diverse circostanze continuano tuttora a dimostrare che, anche con la rete più avveniristica,non è possibile ottenere dei buoni risultati in termini economici senza dei contenuti validi da distribuire, e senza un adeguato modello di business.

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