6 lug 2009

H.264 - Parte quarta

Alta definizione via satellite
La diffusione del della trasmissione in alta definizione via satellite è dipesa principalmente da un problema di tipo strutturale. Infatti, un trasponder satellitare normalmente riesce a trasportare circa 40 Mbps. Un canale televisivo in definizione ordinaria (Standard Definition) compresso in MPEG-2 occupa tra i 3 ed i 6 Mbps. Ne segue che su un trasponder si riescono ad inserire tra i 6 ed i 12 canali televisivi.
Nella seconda metà degli anni ’90 l' HD era ancora a uno stato embrionale, poiché gli ingenti capitali investiti non avevano fatto decollare l’alta definizione analogica (il D2MAC). L' MPEG prevedeva l’high profile idoneo alla codifica di immagini in HD, ma servivano quasi 20 Mbps. Ciononostante la strada era segnata.
Con gli avanzamenti delle tecniche di compressione, la banda necessaria si era notevolmente ridotta, ma un canale in alta definizione compresso in MPEG 2 (main level@high profile) non poteva scendere sotto i 12 Mbps. Quindi un trasponder, il cui affitto costa diversi milioni di euro l’anno, non permetteva di irradiare più di 3 canali HD.
Come si è già detto, i cavi coassiali americani non erano qualitativamente validi e la loro sostituzione era estremamente costosa. Nonostante il miglioramento dell’attestazione, la loro digitalizzazione non permetteva di avere le stesse prestazioni di un canale in fibra.
Quindi, nel momento in cui i canali satellitari hanno cominciato a trasmettere in alta definizione i cavi sono stati nuovamente tagliati fuori, perché mentre un nuovo trasponder poteva essere aggiunto (anche se a caro prezzo), l’aggiunta di un nuovo cavo era praticamente improponibile.



MPEG-4
Nella seconda metà degli anni ’90, quando i lavori dell’MPEG-2 erano sostanzialmente conclusi, prese l’avvio l’ MPEG-4. L’obiettivo iniziale era ridurre il bitrate necessario per la trasmissione, compatibile alle esigenze del target della telefonia mobile. Una prima versione di questo standard è infatti datato 1999. Nel 2000 fu fatto notare che però non era opportuno puntare solo sul bitrate, ma era probabilmente opportuno riesaminare l’intero dialogo tra utente ed erogatore alla luce del successo del world wide web e del paradigma IP nel suo complesso. L’MPEG-2 era infatti “cucito addosso” alla tecnologia di rete che si riteneva più promettente nei primi anni ’90, l’ATM (che fu sostanzialmente un flop). L’MPEG-4, oltre a comprendere nuovi e più efficienti algoritmi per la compressione dell’audio e del video, era dotato di tutta una serie di strumenti per la descrizione delle scene visive e sonore sintetiche e naturali.
Per maggiori informazioni.
http://www.m4if.org/public/documents/vault/MPEG4WhitePaperV2a.zip

MPEG-LA
Nel 2001 l’MPEG-4 era considerato da molti operatori del settore uno standard estremamente promettente nel rispondere alle necessità del digital cinema (che stava muovendo i primi passi in quel periodo), fino ad arrivare alla codifica dell’alta definizione. Purtroppo, uno studio legale americano, denominatosi MPEG-License Agreement, sviluppò uno schema di licenza in base al quale ogni sviluppatore di encoder o decoder MPEG-4 avrebbe dovuto onorare la proprietà intellettuale dei vari algoritmi di compressione utilizzati. In particolare, mentre per l’MPEG-2 il costo della licenza era risolto una tantum dal produttore dell’encoder (in forma di una percentuale sul valore del bene), l’MPEG-LA introdusse per l’MPEG-4 oltre a questo un diritto per ogni decoder venduto/installato ed un diritto “a consumo”: anche l’utente avrebbe dovuto pagare in base al tempo di fruizione. Sebbene molto basso (centesimi di dollaro l’ora), tale richiesta obbligava a rivedere l’intero paradigma di fruizione, dovendo inserire necessariamente un “tassametro”. Mentre questo sarebbe facilmente stato implementabile nelle trasmissioni a pagamento (erroneamente si pensava che tutto sarebbe stato a pagamento), tagliava fuori ogni suo libero uso per il web. La reazione fu micidiale. Il nuovo modello provocò nel maggio 2002 l’inizio di un infuocato thread di discussione. Accordi già in parte concordati saltarono. Il 2 Maggio 2002 Richard Mizer – che meno di un mese prima aveva curato per l’SMPTE una intera sessione delle conferenze del NAB dedicate all’MPEG-4 – scrisse che "nessun algoritmo di compressione che prevede diritti di licenza a consumo sara’ considerato per il digital cinema”, perche’ l’ MPEG-4 si era sparato sui piedi con lo schema di licenza proposto . Il thread si espanse Il 3 maggio 2002 Leonardo Chiariglione, iniziatore e chairman per lungo tempo dell’MPEG committee, scrisse in una e-mail al forum dell’MPEG4IF “Un suggerimento potrebbe essere che la gente che sta lavorando sul licensing scheme riduca i suoi impegni sui campi da golf e si rivolga con occhio benevolente alle problematiche mondiali per dare una possibilità alla gente che ci ha creduto e supportato [nell’MPEG4, NDT] di utilizzare i suoi risultati, ma questo sarebbe chiedere troppo”.
Un anno dopo l’MPEG-LA consolidò il licensing scheme non differentemente da come annunciato, ritornando sui suoi passi solo in alcuni casi successivi (come per l’ISDB giapponese, licenziato in modo simile all’MPEG-2), ma troppo tardi. Il danno era già stato fatto. Ci voleva qualcosa di nuovo, e per fortuna arrivò l’ H.264.
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